Thursday, June 17, 2010

Lessing - La parabola dei tre anelli


G.E. Lessing in un ritratto del 1760 di J.H.Tischbein

Gotthold Ephraim Lessing (1729-1781) è una delle più grandi figure della letteratura e dell’illuminismo tedesco. La sua importanza è tale che si può parlare di una “età di Lessing” , cosi come alcuni anni dopo si parlerà di una “età di Goethe”. Nel 1779 Lessing pubblica il suo capolavoro drammatico Nathan il saggio (Nathan der Weise) una denuncia dell’intolleranza religiosa.

Nel terzo atto della commedia Nathan viene messo alla prova dal sultano Saladino che gli chiede quale sia la vera religione, il saggio mercante espone allora la parabola dei tre anelli identici simboleggianti le tre grandi religioni monoteistiche, copie del vero anello andato smarrito.

Qui di seguito la novella (Nathan il Saggio Atto III, scena 7), senza gli interventi dell’interlocutore, il Saladino, nella traduzione di Andrea Casalegno (I grandi libri Garzanti).

Molti anni or sono un uomo, in Oriente, possedeva un anello inestimabile, un caro dono. La sua pietra, un opale dai cento bei riflessi colorati, ha un potere segreto: rende grato a Dio e agli uomini chiunque la porti con fiducia. Può stupire se non se lo toglieva mai dal dito, e se dispose in modo che restasse per sempre in casa sua? Egli lasciò l’anello al suo figlio più amato; e lasciò scritto che a sua volta quel figlio lo lasciasse al suo figlio più amato; e che ogni volta il più amato dei figli diventasse, senza tenere conto della nascita ma soltanto per forza dell’anello, il capo e il signore del casato.

E l’anello così, di figlio in figlio, giunse alla fine a un padre di tre figli. Tutti e tre gli ubbidivano ugualmente ed egli, non poteva farne a meno, li amava tutti nello stesso modo. Solo di tanto in tanto l’uno o l’altro gli sembrava il più degno dell’anello – quando era con lui solo, e nessun altro divideva l’affetto del suo cuore. Così, con affettuosa debolezza, egli promise l’anello a tutti e tre. Andò avanti così finché poté.
Ma, vicino alla morte, quel buon padre si trova in imbarazzo. Offendere così due figli, fiduciosi nella sua parola, lo rattrista. – Che cosa deve fare? – Egli chiama in segreto un gioielliere, e gli ordina due anelli in tutto uguali al suo; e con lui si raccomanda che non risparmi né soldi né fatica perché siano perfettamente uguali. L’artista ci riesce. Quando glieli porta, nemmeno il padre è in grado di distinguere l’anello vero. Felice, chiama i figli uno per uno, impartisce a tutti e tre la sua benedizione, a tutti e tre dona l’anello – e muore. Morto il padre, ogni figlio si fa avanti con il suo anello, ogni figlio vuol essere il signore del casato. Si litiga, si indaga, si accusa. Invano. Impossibile provare quale sia l’anello vero.

I figli si accusarono in giudizio. E ciascuno giurò al giudice di avere ricevuto l’anello dalla mano del padre (ed era vero), e molto tempo prima la promessa dei privilegi concessi dall’anello (ed era vero anche questo). Il padre, ognuno se ne diceva certo, non poteva averlo ingannato; prima di sospettare questo, diceva, di un padre tanto buono, non poteva che accusare dell’inganno i suoi fratelli, di cui pure era sempre stato pronto a pensare tutto il bene; e si diceva sicuro di scoprire i traditori e pronto a vendicarsi.
Il giudice disse: «Portate subito qui vostro padre o vi scaccerò dal mio cospetto. Pensate che stia qui a risolvere enigmi? O volete restare finché l’anello vero parlerà? Ma... aspettate! Voi dite che l’anello vero ha il magico potere di rendere amati, a Dio e agli uomini. Sia questo a decidere! Gli anelli falsi non potranno. Su, ditemi: chi di voi è il più amato dagli altri due? Avanti! Voi tacete? L’effetto degli anelli è solo riflessivo, non transitivo? Ciascuno di voi ama solo se stesso? Allora tutti e tre siete truffatori truffati! I vostri anelli sono falsi tutti e tre. Probabilmente l’anello vero si perse, e vostro padre ne fece fare tre per celarne la perdita e per sostituirlo.
«Se non volete, proseguì il giudice, il mio consiglio e non una sentenza, andatevene! Ma il mio consiglio è questo: accettate le cose come stanno. Ognuno ebbe l’anello da suo padre: ognuno sia sicuro che esso è autentico. – Vostro padre, forse, non era più disposto a tollerare ancora in casa sua la tirannia di un solo anello. E certo vi amò ugualmente tutti e tre. Non volle, infatti, umiliare due di voi per favorirne uno. Orsù! Sforzatevi di imitare il suo amore incorruttibile e senza pregiudizi. Ognuno faccia a gara per dimostrare alla luce del giorno la virtù della pietra nel suo anello. E aiuti la sua virtù con la dolcezza, con indomita pazienza e carità, e con profonda devozione a Dio. Quando le virtù degli anelli appariranno nei nipoti, e nei nipoti dei nipoti, io li invito a tornare in tribunale, tra mille e mille anni. Sul mio seggio siederà un uomo più saggio di me; e parlerà. Andate!».

Così disse quel giudice modesto.


Ancora oggi ai nostri giorni molti si chiedono quale sia tra le tre grandi religioni monoteiste (Ebraica, Cristiana e Islamica) quella vera, pochi realizzano la sostanziale inutilità di questa domanda in quanto quello che conta è il ben operare. Ognuno si deve sforzare guidato dalla sua religione, dalle sue virtù e dalle sue idee di fare del proprio meglio, prescindendo dal confronto con le altre religioni ed accettandone le diversità. Nella parabola il padre ha donato ad ognuno dei suoi tre figli un anello prezioso dotato di un particolare potere, nessun anello però è più prezioso dell’altro. Si professi quindi la propria religione senza disprezzare le altre, ma stimandole e rispettandole. Così facendo ci si avvicina per varie vie all’unica religione morale che non consiste in dogmi e in osservanze ma in una disposizione del cuore a sostenere tutti i doveri umani come nostro destino e volere divino. Ogni chiesa in quanto comunità religiosa di esseri umani non può pretendere di essere unica ed infallibile, ma può aiutare gli uomini che la costituiscono ad operare nel bene indicando loro una via.

Il messaggio di Lessing ci esorta ad accettare la pluralità delle fedi ed a praticare la tolleranza religiosa.

Operare nel bene, impiegare la propria vita e le proprie capacità al servizio di se stessi e degli altri, compiere il proprio dovere, combattere con coraggio per le proprie idee, amare il prossimo. Anche chi percorre questa strada guidato da una sua religione morale è alla ricerca del vero anello,quello che si è perduto, e forse senza saperlo lo ha già trovato.

Sandro

1 comment:

  1. Questo commento é fatto davvero molto bene. E' chiaro e completo e mi è stato di grande aiuto. Complimenti

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